Acquedotto medievale – nella seconda metà del XIII sec “nasce” a Orvieto l’acquedotto

               

L’ ACQUEDOTTO  MEDIEVALE

Nella seconda metà del XIII secolo, all’apice della sua stagione più florida, il Comune di Orvieto intraprende due grandiose iniziative, destinate entrambe a segnare il volto della città nei secoli a venire: l’acquedotto e la nuova Cattedrale.

“Alla nuova Cattedrale s’era incominciato a pensare fin da circa il 1250; all’acquedotto fin dal 1250 si era forse dato mano. L’acquedotto fu prima iniziato e prima compiuto, perché non tanto la civile poesia della religione e dell’arte quanto il desiderio del benestare poteva sulle menti sagge dei cittadini e del popolo”. Così scriveva orgogliosamente l’orvietano Pericle Perali nello studio sull’acquedotto medievale commissionatogli nel 1912 dall’Amministrazione Comunale.

In realtà, stando alle notizie dello storico cinquecentesco Cipriano Manente, tra il 1273 ed il 1276, sotto la direzione di Buoninsegna da Venezia fu portata a termine questa enorme opera pubblica, che dall’altopiano dell’Alfina (più precisamente dalla Botte dell’acqua e dalle vicine sorgenti dei Condotti) portava le acque fin nella città, tramite elementi litici inseriti uno nell’altro in serie . Già all’alba del 1300, mentre il cantiere del Duomo ancora ferveva, i documenti dell’epoca attestano una ventina di fontane sparse nei vari punti della cittadina. Nel 1276 era già stata edificata la fonte di Piazza Maggiore munita di conca in bronzo.

Tuttavia l’ardita opera non ebbe mai vita facile, poiché bisognosa di continua manutenzione e costosi restauri, e la situazione si aggravò ulteriormente quando il Comune, già fiaccato da lotte intestine ed esterne, si trovò a fronteggiare la pestilenza del 1348 e a dover far fronte all’enorme  perdita di abitanti ed energie. Durante il XV secolo l’acquedotto assiste ad un progressivo declino, ed alla fine del secolo si hanno nei documenti le prime menzioni a cannelli in legno, quando fino ad allora non erano stati costruiti che in piombo o, in certi tratti, sostituiti da tubature in coccio.

Nel 1503 vi furono altri restauri all’acquedotto ed alla fonte di Piazza Maggiore, che venne per l’occasione smantellata dal centro della piazza e ricostruita all’angolo fra il Palazzo Comunale e la chiesa di S. Andrea, e che doveva essere del tutto simile alla celebre fontana perugina; purtroppo nel 1563 essa venne distrutta per sempre e la conca in bronzo fu successivamente donata dal Comune ai Francescani perché ne facessero una nuova campana. Nello stesso periodo, papi come Clemente VII e Paolo III finanziarono altri lavori di restauro dell’acquedotto, anche se su consiglio di Antonio da Sangallo il Giovane si preferì costruire un altro grandioso pozzo artesiano, il pozzo della Rocca poi detto di San Patrizio.

Tra la fine del XVI secolo e l’inizio del successivo vennero portati a termine altri lavori e costruite altre cisterne (nell’orto e nella piazzetta del Palazzo Comunale) e fonti (Fonte del Mercato) sotto la direzione di Ippolito Scalza.

Nella pianta di Orvieto incisa in rame da Angelo Sanvitani nel 1662 ben poco era rimasto dell’antico acquedotto, che aveva acqua per le sole fontane del Cordone (già di Piazza dell’Erbe), della Cava, del Carmine e della Pesceria. Ormai la città si serviva quasi unicamente dell’acqua piovana recuperata da pozzi pubblici o privati, mentre l’imponente opera idraulica andava in rovina. Nel 1682, considerato quanto sarebbe costato rimettere a nuovo l’acquedotto, il Comune deliberò di stornare le acque nell’area del Campo della Fiera, lavoro che fu fatto in dodici giorni con cannelli di terra cotta e legno.